A body of memory (from neurons to the sea)
Su segnalazione dell’Istituto Italiano di Cultura a Oslo, segnaliamo questa interessante mostra presso il Kunsthall di Trondheim, nella quale troviamo esposta un’opera dell’artista italo-senegalese Binta Diaw, che ha fatto proprio dei capelli uno strumento di lotta e rivendicazione.
La mostra si intitola A body of memory (from neurons to the sea) ed esplora il ruolo che la memoria gioca nella costruzione del senso di sé di una persona e come l’identità, analogamente al ricordo, è qualcosa che è modellato dall’esperienza, dalla storia, dalla conoscenza dei nostri corpi e da altri fattori e contingenze esterne.
Binta Diaw partecipa con la sua opera La saggezza di Uati, della quale leggiamo:
L’opera di Binta Diaw Uati’s Wisdom (2020/2023) è un’installazione scultorea caratterizzata da lunghe trecce di capelli sintetici neri sospesi dal soffitto, che scendono sul pavimento. Per l’artista, l’opera parla delle sue molteplici identità di giovane donna nera della diaspora africana che vive in Europa. Il titolo dell’opera, Uati’s Wisdom, si riferisce sia all’antica parola egiziana per l’acqua di mare (Uati) sia alla dea dell’acqua dell’Africa occidentale Mami Wata. Il trasferimento di ricordi tra generazioni attraverso i capelli è centrale nel lavoro ed è un tema ricorrente nella pratica dell’artista. Nella tradizione e nelle comunità africane, i capelli sono visti come un mezzo per modellare e condividere la conoscenza, oltre a trasferire ricordi attraverso un’eredità matrilineare.
Le estensioni dei capelli costituiscono una rappresentazione visiva della proprietà delle donne nere dei propri capelli e del proprio corpo, che attraverso la colonializzazione è stata sistematicamente repressa e ha cercato di essere cambiata attraverso la cultura occidentale. In questo modo, Diaw dimostra come i capelli abbiano il potere di documentare e spiegare conoscenze, esperienze e ricordi che si tramandano.
Maggiori informazioni sulla mostra sono disponibili sul sito della Kunsthall Trondheim e sul sito dell’Istituto Italiano di Cultura a Oslo.