Oggi conosceremo Giulia Cellini, 27 anni, di Ferrara. Un’infermiera italiana a Trondheim…
Sul quotidiano di Ferrara, la tua città d’origine, leggo che le ragioni che ti hanno portata qui in Norvegia sono diverse: “l’amore, il lavoro, lo stile di vita”. Ma come mai hai deciso di venire proprio in Norvegia?
Questa è una domanda che mi pongono anche molti norvegesi. Ero già venuta qua due volte in vacanza, mi aveva colpito la bellezza di questo paese.. risposta scontata ma vera! Inoltre non volevo che il raggiungimento dell’obiettivo fosse facile. Ho iniziato a pensare di trasferirmi nell’ottobre 2018. Quando mi sono chiesta dove volessi andare ho subito escluso l’Inghilterra, innanzitutto perché già tanti infermieri italiani si trasferiscono li, quindi sarebbe stato scontato; secondo, ho un po’ di antipatia verso la regina; terzo, c’era il discorso “brexit” quindi il futuro sarebbe stato molto molto incerto. Ho escluso anche Francia e Germania, perché non credo che mi sarei trovata bene. Mi sarebbe piaciuto vivere in Spagna, ma la situazione politica è pressoché uguale a quella Italiana, quindi tanto valeva rimanere in patria. Non rimaneva altro che il nord, e quindi…. Ok, muniamoci di giubbini imbottiti e voliamo verso il paese di Babbo Natale!
Ho letto che hai organizzato tutto da sola, dall’Italia e per di più senza dire niente a nessuno finchè tutto non era pronto. In molti saranno curiosi di sapere una cosa: come ti sei mossa per il trasferimento? Come ci sei riuscita?
Ultimamente alcuni infermieri italiani hanno preso contatto con me per avere informazioni a riguardo e spero che con questa intervista possano avere le idee più chiare. Innanzitutto sono partita caricando il mio CV sul portale Eures, di seguito ti lascio il link così anche altri potranno visitare il sito (https://ec.europa.eu/eures/public/it/homepage ). Su questo sito ci sono i vari campi da compilare: che qualifica hai, in che paese ti piacerebbe lavorare, per quanto tempo ecc. Quindi questo è un portale per chiunque sia interessato a lavorare all’estero. I tutor di questo sito poi hanno fatto il tutto, nel senso che hanno girato il mio CV agli uffici norvegesi e sono stata contatta da una azienda chiamata Accurate Care. Si tratta di un’agenzia interinale che recluta infermieri, stranieri e non. Per la maggior parte si tratta di infermieri spagnoli, infatti per loro riserva anche un corso di norvegese che loro possono frequentare da casa per otto mesi fino ad essere pronti per trasferirsi e iniziare a lavorare. Per me la storia non è stata così semplice. L’ agenzia mi ha, si, mi aiutato con la conversione della laurea, ma per quanto riguarda la lingua mi sono dovuta arrangiare. Ho iniziato perciò a studiarla dall’Italia.
Per quanto riguarda i documenti, ho impiegato più tempo a mettere insieme tutti i documenti da presentare, che aspettare i tempi di conversione della laurea (per questo sono passate solo tre settimane). Mi è stato chiesto: copia della pergamena di laurea certificata dal comune di residenza; traduzione in norvegese o in inglese della pergamena di laurea, la traduzione deve essere fatta da un traduttore certificato e approvata tramite una apostille dal tribunale in cui il traduttore ha depositato la firma; fedina penale (ovviamente deve essere pulita ); passaporto; certificato aggiornato delle vaccinazioni; tesserino di iscrizione all’albo degli infermieri italiani. Una volta inviati tutti i documenti ha fatto tutto l’agenzia.
L’iscrizione all’Helsedirektoratet è arrivata in febbraio, ma ho dovuto aspettare maggio per partire, dal momento che il mio livello di lingua non era sufficiente. Quando sono partita, credevo di riuscire a parlare, e invece….. una volta arrivata mi sono resa conto che c’era ancora da lavorare.
La mia esperienza è che si studia una lingua e se ne ascolta un’altra, magari il discorso non vale per chi vive ad Oslo, ma io vivo nel Trøndelag e qui il trøndersk è impossibile! Quindi è stato quasi come partire da zero, e dato che quando sono arrivata (maggio 2019) avevo un livello A2. si, c’era da lavorare. Il mio obiettivo era vivere in mezzo ai norvegesi per un periodo in modo da imparare più velocemente e per essere poi ben pronta e iniziare a lavorare. I piani però non sono andati come previsto, l’agenzia con cui ero in contatto continuava a rimandare mese dopo mese la mia assunzione dicendo che il mio norvegese non era ancora maturo. Dopo un mese senza lavoro qui in Norvegia ho preso in mano la situazione, conoscendo un po’ meglio l’ambiente, ho inviato il mio CV (in norvegese) ad altre agenzie interinali (specifiche per il personale sanitario, sykepleier og helsefagarbeider), trovate sul sito finn.no e dopo una settimana ho iniziato a lavorare come Helsefag qui a Trondheim, grazie all’agenzia Nordic Care.
Ho inizato come helsefag (giugno 2019) sempre per il motivo lingua, ma almeno lavoravo! Sono bastate tre settimane a contatto costante con pazienti e colleghi per passare di livello e iniziare a svolgere la mia professione (fine giugno 2019)- Dopo tre settimane ho iniziato a lavorare come infermiera perché riuscivo a farmi capire, ma ancora oggi, a distanza di quasi sette mesi, capisco il 60% delle cose che mi dicono. Devo continuamente chiedere di esprimersi in maniera più lenta e chiara se voglio essere sicura. Posso dire però che dopo otto mesi pieni parlo un buon norvegese, avendolo imparato tutto sul lavoro e con conoscenze autoctone. Qua a Trondheim non ho voluto creare nessun rapporto con italiani per il semplice motivo che non volevo parlare la mia lingua, altrimenti il processo di apprendimento sarebbe stato più lento. Ho provato a instaurare relazioni solo con norvegesi o con colleghi stranieri che non parlassero italiano e non parlando inglese il processo per me è stato anche più veloce.
Tu racconti che grazie alla tua formazione sei molto ricercata nel mercato del lavoro norvegese. Che formazione hai? Come vivi il rapporto con i tuoi datori di lavoro? Come vivi il trattamento da parte del sistema lavorativo norvegese?
Sono laureata in infermieristica nella mia città. Prima di trasferirmi in Norvegia ho lavorato per tre anni in una casa famiglia vicino al mio paese.
Qua in Norvegia lavoro in una sykehjemme, equivale ad una casa di riposo per anziani italiana. Il mio datore di lavoro principale è l’agenzia Nordic Care, un’agenzia interinale che da in prestito i propri infermieri al comune di Trondheim per le varie residenze che necessitano. Quando parlo di residenze intendo, sykehjem (case di riposo), omsorgsbolig (non esiste un equivalente in Italia) helsehus (casa di cura) e hjemmetjeneste (infermieri a domicilio). Il Nordic care non lavora per gli ospedali.
Un infermiere può lavorare in una struttura per un solo turno, quindi cambiare posto di lavoro ogni giorno (sempre rimanendo in città ovviamente) oppure può firmare un contratto che può durare diversi mesi. Nel mio caso a settembre mi è stato chiesto se volessi firmare un contratto con una sykehjem che sarebbe durato fino a natale e forse oltre. Al 5 di gennaio posso dire che il mio contratto con la sykehjem è stato prolungato fino al primo marzo, poi si vedrà cosa decideranno le “caposala” per il periodo estivo.
Mi trovo molto bene nella posizione in cui sono ora, ho un buon rapporto con tutti i colleghi, mi aiutano un sacco anche quando sanno che faccio fatica a capire. Sono sempre molto disponibili a spiegarmi nuove parole o a correggermi se sbaglio nella formulazione delle frasi. Devo dire che è una realtà completamente diversa da quella italiana, qua sono molto aperti nei confronti dello straniero, non tendono ad isolarlo come facciamo noi. Poi forse ci sarà qualcuno che la penserà diversamente, ma io parlo per quella che è stata la mia esperienza. Molte donne/mamme mie colleghe mi hanno preso subito sotto la loro ala protettiva sapendo che ero qua senza la mia famiglia e hanno iniziato a far parte della mia vita norvegese anche fuori dall’ambiente lavorativo. Le due caposala sanno bene poi che non capisco perfettamente tutto, quindi ancora non accompagno il medico nelle giornate di visita, ho ancora bisogno di tempo per quello.
Per quanto riguarda il mio ufficio (N Care) non sono mai insorti problemi con loro. All’inizio, prima che iniziassi a lavorare per la sykehjem, mi davano ogni settimana i turni disponibili nelle diverse residenze e io potevo decidere quali prendere, ogni volta che ho un problema da risolvere prontamente sono disponibili ad aiutarmi.
L’agenzia inoltre mi paga l’affitto della casa in cui vivo, abito del centro di Trondheim e condivido l’appartamento con altre quattro persone (infermieri della stessa agenzia) e fortunatamente andiamo tutti d’accordo. Inoltre il NC ci paga i viaggi a/r per i rispettivi paesi quando abbiamo voglia di tornare un po’ in patria. Penso che dopo questo trattamento un dipendente non può fare altro che essere grato al datore di lavoro.
Ti sei mai sentita straniera qua in Norvegia?
No mai, anzi spesso capita che sono io ad isolarmi per paura di fare brutte figure. A volte sono stata invitata a casa di qualche amica, ma sapendo che ci sarebbero stati altri norvegesi, per paura di essere isolata o che non avessero la pazienza per parlare “lentamente” ero io la prima a declinare l’invito, sbagliando ovviamente, perché l’esperienza ha mostrato che queste fossero solo paure infondate.
Frequento anche dei corsi di allenamento in palestra, quando si tratta di lavorare in gruppo, spiego che non conosco ancora bene la lingua e si offrono sempre di parlare in inglese, ma io (non sapendolo) dico che va pur bene il norsk, “men bare snakk langsom og rolig vær såå snill! ”.
Politiche o abitudini che consiglieresti o no all’Italia, in base alla tua esperienza
Quello che consiglierei è: togliersi le scarpe prima di entrare in casa o in qualsiasi altro luogo; gentilezza nei confronti dell’estraneo, anche se la giornata è “no”, utilizzare sempre il sorriso di facciata; ringraziare con la parola specifica dopo qualsiasi cosa: takk for i dag, takk for mat, takk for sist, takk for det; fare tanto movimento quanto ne fanno i norvegesi, a qualsiasi età.
Non ho consigli riguardanti le politiche, quello dipende dalla mentalità del popolo. Qua qualsiasi politica funziona perché il norvegese medio è ligio al dovere, segue le regole e non si lamenta. È nella sua natura essere tranquillo e rispettare l’ambiente che lo circonda, è devoto alla nazione e la rispetta. Se in Italia le cose non funzionano la colpa è dell’italiano medio, non di quelli che occupano le poltrone. Ogni volta che si prova anche solo a proporre qualcosa di nuovo scattano scioperi, proteste, guerre sui social. Mi sembra che l’italiano sia “farfallone” tanto quanto il norvegese è preciso. Ma questa non è solo una critica agli italiani, forse il nostro non saper gestire tutte le situazioni è dovuto al nostro animo “caliente”, perché proviamo delle emozioni forti e quando una cosa non ci sta bene, vogliamo dire la nostra, giusta o sbagliata che sia! Il norvegese non si ribella, accetta le cose per quelle che sono.
Forse ho la prospettiva dell’ operatore sanitario che vede ogni giorno l’attaccamento che hanno le madri/padri – ormai anziani – nei confronti dei propri figli e mi sembra che questo attaccamento famigliare su una scala da 0 a 10 (0 equivale al rapporto che puoi avere con uno sconosciuto) arrivi al massimo a 2! La natura è non esprimere affetto o emozioni per un’altra persona.
Dopo queste mie parole dimmi, è meglio vivere in un paese dove la politica e il clima generale sono in continuo subbuglio, provocato da animi “ribelli” o vivere in un paese dove tutto funziona, ma le persone sono fredde come l’inverno tipico di questi luoghi?